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Le monache di Santa Sofia, partite dal lago dei Beneventani per la pesca delle anguille, si trasformarono nel più imponente monastero del Gargano dell'anno Mille. Esse spadroneggiarono e ripopolarono le coste di Rodi, ripartendo da «Harola», forti dell'amicizia con Roberto il Guiscardo che per loro fondò Castelnuovo del Ducato di Puglia, scippando il Vetere a Bisanzio. Le monache di Amato, abate del monastero sofiano costruito alla Ripalonga di Vieste, divennero così potenti da gestire da sole la colonia dei deportati mariani che adoravano i santi martiri nell'Episcopio del vescovo greco S. Marco d'Eca. Gli Altavilla gettavano così le basi alla nascita della Civitate del Monte Sant'Angelo, dove si impose il Papa dopo il terremoto del 1085. La corte vaticana riuscì a stroncare sul nascere la nuova capitale del Principato di Puglia, di cui s'era fatto padrone Ruggero Borsa alla morte del padre Guiscardo, donatore del Castelnuovo di San Giacomo, fulcro di «Barola» del Monte Sacro. Il libro ripercorre le tappe salienti di questo breve viaggio che porterà alla successiva fondazione di «Baroletta» e di Troia, quando le monache si trasferirono presso S. Stefano protomartire sulla Via Tarantina di Barletta, e i mariani furono deportati nella nuova Civitate Troiana, guardati a vista dai Beneventani che vi fondarono Bovino. Qui, dopo il successivo terremoto del 1088, saranno tumulate le spoglie del santo ecano dei giudei che adoravano i martiri di Cristo, a suo tempo uccisi dai consoli romani a Urrita di Teate. Proprio fra quei ruderi ne rinvennero il corpo, nel luogo del Mercato dell'Episcopio di Barulo, dove Marco perse la vita sotto le macerie mentre tentava di disseppellire le spoglie del magico San Felice. Aveva appena scoperto le mura antiche di Urbe Teate, il consolato romano del Principato Italia.